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per la scala. Gli pareva di udire anche il suo fiato pesan-
te di catarro e di vederlo come si appoggiava alla rin-
ghiera, con le ossa che gli ballavano dentro la tonaca.
Allora si apriva in lui una di quelle frane repentine
che, a volte, lo folgoravano, velandogli gli occhi di pian-
to; che lo portavano a prendersi la testa nelle mani e a
chiedere, più che a Dio, al fantasma del suo bisogno di
consolazione: «Aiutami...».
3.
Ed era così che i borghi potevano esplodere in quella
che, più che una festa antica di generazioni, era una pau-
sa attesa per mesi alle fatiche dei corpi e degli spiriti, un
modo esaltante di sentirsi purificati e liberi, gloriosi e fe-
lici, sia pure nel breve spazio di una notte sola.
Il ventiquattro di giugno vedeva sorgere un alba stra-
Letteratura italiana Einaudi 72
Alberto Bevilacqua - La califfa
na sulle case vecchie della città. Non si udivano, nella
prima luce del giorno, le grida dei cassonieri o i camion
diretti alle fabbriche, e nemmeno si alzavano le saracine-
sche dei negozi o sbattevano le persiane delle case. Si-
lenzio fino a mezzogiorno, persino sulle osterie. Sem-
bravano borgate di morti. Ma dietro le facciate
impenetrabili, non era la morte, bensì l attesa di un mo-
mento di vita vera, sfrenata, libera; perché la gente cer-
cava di dormire qualche ora in più per essere più sveglia
la notte quando, con il primo buio, le porte si spalanca-
vano, le strade si illuminavano a giorno e la gente corre-
va fuori, nelle strade, nei campi, sugli argini, verso le
colline.
Sull erba si mangiava, si beveva, ed era l amore per se
stesso quello che imponeva l ebbrezza comune, libero
da distinzioni, da pudori, dalle oscure radici dell inti-
mità e dell egoismo. Era una follia antica, che s inter-
rompeva allorché dai campanili arrivava il suono della
mezzanotte. Sotto la luna, allora, e sull erba già umida,
la folla ammutoliva, le facce si alzavano al cielo, verso le
stelle, e negli occhi correva una commozione che aveva
la sola ragione di una comune speranza tramandata nei
secoli.
Nessuno toccava cibo, in quell attimo, e anche i gio-
vani si scioglievano dagli abbracci per guardare in su,
aspettandosi la grazia da quelle stelle inabissate e deboli
nel velo della calura notturna. I rumori della statale, le
voci e le musiche che giungevano dalla riva opposta,
non facevano più parte di quel tempo e di quello spazio,
di quella folla come dipinta nella sua immobilità, rinata
per suggestione all orgoglio della sua stirpe.
Finché uno, il primo, non si alzava dal suo posto e dal
suo cibo alzando le braccia e avvicinandosi al volto le
mani tremanti; si copriva la faccia con le mani, accarez-
zandosi sulla pelle il velo sottile della rugiada e gridava:
«La manna! La manna!...». Ed era un grido che conta-
Letteratura italiana Einaudi 73
Alberto Bevilacqua - La califfa
minava come una scarica, che si spargeva come se l eco
della campagna lo portasse fulmineamente da un punto
all altro della folla in attesa: «La manna! La manna!...».
4.
Già, la manna. Chissà che s aspettavano: che fosse
Gesù Cristo a scendergli sulle teste rifatte, a guarirgli i
mali, a cancellargli i debiti, a farli star bene nell annata
nuova, graziati e baciati in fronte come tanti ragazzi da
mettere a letto. E come saltavano sui prati, anche i vec-
chi. Annaspavano in aria con le mani secche, tutti ad-
dosso, un po ridendo e un po pregando, come se quel-
la spianata di stelle, anziché umori, mandasse giù roba
da mangiare.
Ma poi s alzava il nostro prete, imbacuccato nel man-
tello, perché quella manna, benedetta per gli altri, era
veleno per i suoi reumatismi e rischiava di tenerlo a letto
per una settimana. Si alzava e bastava che dicesse «E
adesso preghiamo», perché la gente, ben ricordando
quanto lui aveva brigato per ottenere la festa, cadesse in
ginocchio, intorno alla cappelletta dove ci stava una Ma-
donna.
Il Campagna si alza, dunque, anche quella sera e an-
ch io cado ginocchioni e, come gli altri, anch io aspetto
che finisca la litania, per ricominciare la baldoria, tanto
più che ero già calda di vino, una bellezza, e la Califfa,
quando la pungola il lambrusco, è difficile tenerla.
«Amen», dice lui e allora noi su come matti, che sem-
brava non si fosse riso e mangiato per anni, tanto le boc-
che non si davano pace. Io m attacco al bicchiere e qua-
si non m importa che Guido stia dall altra parte della [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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